Eravamo ancora a casa di quel Stephan Johnson, o come diavolo si chiamava… questa tra tutte le insopportabili missioni affibbiateci dall’Onda era sicuramente la più stupida, oscura e noiosa che avessimo affrontato. Fare da scorta al giovane rampollo di una nobile famiglia di Waterdeep, minacciato da chissà quali terribili creature… ma poi scorta per dove? L’Onda non ci aveva dato nessuna destinazione, il ragazzo sembrava ancora più stupido che ricco e non accennava a dirci cosa avremmo dovuto fare. In sostanza era più di un giorno che non ci muovevamo da quella dannata casa!
Mi annoiavo terribilmente, ma avevo in realtà il leggero presentimento che tutto si sarebbe presto trasformato in qualcosa di molto pericoloso. Al momento comunque volevo solo andarmene dalla casa di quell’umile falegname nella quale eravamo quasi prigionieri. Ci mancava solo che adesso incolpasse noi per quello che era accaduto al suo bambino, che ora giaceva a terra con la bava alla bocca in stato catatonico… il piccolo penso proprio che fosse stato momentaneamente posseduto da un Vampiro di nostra vecchia conoscenza, che l’aveva utilizzato a quanto pare per cercare Valiant, il nostro protetto. Beh, l’aveva trovato, se quello era il suo scopo, e subito dopo aveva abbandonato il corpo del piccolo. Carne debole, poca tempra, quell’incontro aveva lasciato al bambino un ricordo probabilmente indelebile, non so se si sarebbe mai ripreso, non mi interessava.
Certamente però Valiant ai miei occhi aveva assunto un altro interesse da quando avevo capito chi lo stesse cercando. Il giovane Paladino che da poco si era aggiunto alla nostra compagnia aveva detto che in lui c’era qualcosa di non naturale, di buono oltre l’umana comprensione, ma non gli avevo dato ascolto… quel ragazzotto era fin troppo entusiasta e riusciva a vedere bontà anche nell’orco che stava per fracassargli l’elmo con una roncolata! Forse però questa volta non si era sbagliato.
“La Valle dei Sussurri, dobbiamo andare alla Valle dei Sussurri… il Fortino degli Orchi… portatemi alla Valle dei Sussurri… “
Era Valiant a parlare. A dire il vero, era una delle prime volte che lo sentivamo parlare, ma scambiando una rapida occhiata con Akitob il Nano e l’Elfo dal nome impronunciabile, capii subito che non ero stato l’unico ad avere l’impressione che nel ragazzo qualcosa fosse cambiato, che la voce che sentivamo non fosse sua più di quanto fosse mia la spada a due mani appoggiata al muro. Mi strinsi la tunica rosso cremisi in vita, assicurai il mio libro degli incantesimi con due cinghie incrociate sul fianco destro, sotto il mantello, presi il bastone e dissi “Andiamo”.
L’ Elfo si stava informando da Stephan sulla strada più veloce per la Valle dei Sussurri, sulla direzione dei venti nella valle, la flora che avremmo incontrato, la presenza di corsi d’acqua, e altre sciocchezze di cui si interessava in continuazione… esagerava talvolta, ma era un buon Ranger, sapeva il fatto suo, e la compagnia ne aveva sicuramente bisogno. Oltretutto il fatto che non fosse un umano me lo faceva riuscire sicuramente gradito.
Akitob stava rimettendo con estrema cura il tabacco nella piccola custodia di cuoio lavorato per proteggerlo dall’umidità (l’unica cosa che maneggiasse con attenzione e cura maniacale erano la sua pipa e il suo tabacco, per il resto delle mansioni quotidiane, usava l’ascia più delle mani, e tante volte della testa).
Leah, il Paladino, cercava di calmare il ragazzo, ora piuttosto agitato.
Non c’erano tracce del chierico. Era sicuramente al piano di sopra, in camera, a pregare la sua dea e incensare i suoi ninnoli sacri… Argail non mi andava troppo a genio all’inizio, era un umano, per di più un religioso, anche se amava definirsi “crociato”, ma dopo tutto quel tempo avevo imparato a sopportarlo e a rispettarlo. In battaglia lui e Akitob si erano più volte presi un fendente al posto mio, e anche se portava addosso abiti sacri, dopotutto era un buon combattente, coraggioso ma non troppo, come piacciono a me. Leah andò chiamare il chierico e partimmo.
Finalmente lasciavamo Triel. Quella città, come tutte le altre in quella zona, aveva il colore e il puzzo di una fogna sotto la pioggia e avrei preferito infilarmi in una palude piuttosto che rimanere tra quelle strade di fango. In effetti la Valle dei Sussurri, a due sole ore di marcia da Triel, ci si presentò più o meno come una palude. C’erano alberi caduti sul sentiero, tronchi marci e poca luce. Il Ranger davanti a tutti fu il primo ad accorgersi dell’ingresso al Fortino degli Orchi, dopo altre due ore di marcia. Si trattava di una fenditura nella roccia alla nostra destra, una trentina di metri più in alto della radura in cui eravamo sbucati. Era quasi invisibile dalla nostra posizione, e quasi irraggiungibile da parte di rocciatori poco esperti come noi (Akitob con la sua gambetta corta e l’altra di legno avrebbe sicuramente fatto molta fatica su quel pendio). Stavo per teletrasportarmi lassù, quando l’Elfo mi interruppe:
“Ti monto in spalla, non vorrai andare lassù da solo? Abbiamo un solo mago, e una sola persona abbastanza leggera da montargli in spalla senza sbriciolarlo sotto il suo peso…”.
Acconsentii, fare l’eroe non era mai stato il mio desiderio. Avevo qualche dubbio in proposito, invece la Porta Dimensionale funzionò a meraviglia anche per due persone e ci ritrovammo in cima al promontorio di roccia, davanti all’ingresso di quella che sembrava una grossa grotta. Da lassù l’Elfo lanciò una corda ai nostri compagni di sotto, la fissò con un chiodo alla roccia e in qualche modo issammo tutti, nano compreso, sullo sperone.
Valiant che non aveva smesso un minuto di parlare di quanto dovessimo fare in fretta fino a quel momento, alla vista dell’ingresso buio del Fortino sembrò tranquillizzarsi un po’.
Dai portatorce inutilizzati all’ingresso, le foglie e il terriccio portati dal vento uniformemente distribuiti sul pavimento di roccia all’interno, sembrava davvero una grotta abbandonata - questo almeno stava bofonchiando in elfico il Ranger. Accendemmo le nostre torce ed entrammo, un guerriero ad aprire ed uno a chiudere la fila, come sempre. Del ragazzo si occupava Leah, che come al solito era in prima fila quando si trattava di prendersi cura di un innocente… un innocente fino a prova contraria, pensavo io. La caverna svoltava decisamente a destra, e nella roccia si apriva poi uno stretto cunicolo che dava su una sala illuminata dall’altra parte. “C’è odore di orsi” bisbigliò il Ranger, bloccando la fila prima di imboccare il cunicolo. “State fermi qui, provo a vedere con chi abbiamo a che fare”. L’Elfo prese una razione di carne essiccata dal suo zaino e la lanciò all’interno della sala, oltre al cunicolo. Avvertimmo tutti un movimento e un grugnito, nient’altro. Poi un urlo. Non dalla sala, ma da dietro le nostre spalle. Era Akitob, che aveva impugnato saldamente l’ascia bipenne, aveva scostato con una manata me, Argail e l’Elfo, e si stava precipitando come una valanga oltre al cunicolo. Accadde tutto molto in fretta, il Ranger imprecò in elfico con parole che nei boschi sacri sono proibite da millenni, Argail estrasse la sua spada, si sentì un ruggito, uno sbattere a vuoto di zanne, poi un urlo soffocato e una nube di scheggie di legno che arrivarono fino ai nostri piedi. “Fermate quell’idiota!” urlò l’Elfo. Mi precipitai oltre al cunicolo dietro al Crociato, giusto in tempo per vedere Akitob, in equilibrio sulla sua sola gamba sana, colpire di striscio la zampa destra di un orso di dimensioni enormi, che ora stava portandosi alla bocca il bottino strappato al nano: la sua gamba di legno. “Fermatelo, io posso calmare l’orso!” gridò da dietro ancora l’Elfo. Il chierico temporeggiava, indeciso se attaccare l’orso o stordire Akitob (il solo modo di fermarlo in questi casi). Decisi io per tutti: con un movimento delle mani e poche parole ben pronunciate intrappolai lo stupido Nano in una bolla di forza che né lui né l’orso avrebbero potuto attraversare. Era il momento di lasciare al Ranger il suo lavoro – o la sua fine – e mi ritirai veloce dentro al cunicolo. Tornò indietro anche Argail, spingendo con sé il Nano nella bolla.
La cosa non durò molto, non so proprio come ci fosse riuscito ma quell’Elfo aveva ammansito un orso di quattro metri d’altezza, che sembrava del tutto intenzionato ora a lasciarci passare (anche se un basso grugnito alla vista del Nano mutilato dentro alla sua bolla se lo lasciò scappare).
Avevamo un problema adesso, più di quanto non lo avessimo prima: la bolla non sarebbe durata in eterno, e iniziava anzi già a dissolversi, ed il nostro prode Nano, già goffo nei suoi movimenti prima di quell’incontro, adesso non poteva in nessun modo camminare. Non potei trattenere una risata quando balenò a qualcuno l’unica soluzione possibile in quel momento: fissare alla bell’e meglio al moncone di legno una delle torce che non stavamo utilizzando. L’operazione richiese alcuni minuti, diversa corda e il chiodo da arrampicata utilizzato in precedenza, oltre a molta fantasia. Il Nano adesso aveva un’espressione imbronciata da orgoglio ferito e senza una parola si rialzò e traballante si avvicinò all’imbocco della sala successiva.
Fu allora che sentimmo il primo sussurro. Sembrava vento e allo stesso momento eravamo sicuri non lo fosse. Arrivò e passò in un attimo.
La grotta si stringeva ora, ma il soffitto pareva perdersi nel cuore della montagna. I nostri occhi, fin dove potevano arrivare, vedevano in alto solo spesse ed intricate ragnatele, biancastre e filamentose. Non mi erano mai piaciuti i ragni, la nostra compagnia invece era sempre piaciuta a loro. Le ragnatele stranamente non arrivavano fino a terra, e a pensarci adesso a mente fredda, mi chiedo come abbiamo potuto essere così stupidi da non capire da soli a cosa andavamo incontro. Bastò infatti un cenno d’intesa che sottointendeva un ripugnante ricordo, per farci decidere senza parlare che l’unica soluzione fosse di passare il più in fretta possibile per quella sala. Così facemmo. O almeno, così avremmo voluto fare.
Quello che sentii appena misi piede nella sala furono vischiose ragnatele invisibili sul volto e le mani, e l’urlo di avvertimento che volevo lanciare a chi non era ancora entrato mi rimase in gola, serrato tra le mandibole ora pesanti come cemento. Il braccio sinistro che istintivamente avevo cercato di portare verso la spalla destra per teletrasportarmi oltre quella dannata sala, si fermò a mezz’aria mentre il veleno paralizzante agiva sul resto del corpo. La cosa che più maledii furono gli occhi tenuti aperti, che ora mi permettevano di vedere Akitob dalla tempra d’acciaio passare attraverso la sala, lento ma inesorabile, senza che nemmeno si fosse reso conto di quello che succedeva alle sue spalle. Poi uno ad uno i miei compagni, con sguardi di orrore, fermi come statue di cera. Gli occhi, istintivamente, corsero verso l’alto.
Come una gigantesca biglia nera lanciata in un pozzo, un ragno stava letteralmente “cadendo” verso di noi, con due zampe si teneva saldo ad una lunga ragnatela, con le altre sei era pronto a dilaniarci. Piombò sulla testa di Argail, cercando di morderlo e colpirlo in un nugolo di zampe pelose. Vidi Akitob lanciare qualcosa verso il ragno, che si spostò veloce verso la nuova preda, prima di scoprire che era solo uno zaino. Il diversivo aveva avuto la sua efficacia, Argail si risvegliò dalla paralisi, e un secondo dopo l’Elfo, sul quale si era già portato il ragno, colpendo ferocemente coi suoi arti neri. Argail lo colpì più volte con la spada, mentre l’Elfo faceva bere una pozione a Leah per liberarlo dalla paralisi. In quel momento sentii il braccio sinistro sciogliersi, e veloce lo spostai dalla spalla destra verso cui era diretto, al polso della mano destra, che aprendosi lasciò saettare nell’aria quattro verdognoli dardi, che colpirono senza errore la bestia. Eravamo tutti liberi ora, e il ragno era decisamente in una posizione sfavorevole, in mezzo a tre spade che recidevano le sue zampe senza pietà. Battè veloce in fuga, inseguito da altri quattro miei dardi.
Nella sala successiva avrei rimpianto la leggerezza di utilizzare una preziosa magia contro un essere già in fuga.
“Grazie amico, mi hai salvato la vita, ripagherò con mille vite di orrendi nemici della tua e della mia razza, che passeranno sulla mia lama giusta ed inesorabile!”. Era Leah a parlare ovviamente, si rivolgeva all’Elfo, che ridacchiò alla grande enfasi nelle parole del ragazzo. Akitob in un angolo borbottava improperi a noi compagni irriconoscenti, che stavamo a guardare mentre cercava di recuperare “lo zaino che ha salvato tutte le vostre chiappe”, che pendeva dalle ragnatele ad un’altezza proibitiva per il Nano.
“Ecco qui piccolo amico!” disse Leah, porgendoglielo agilmente.
“Chiamami ancora piccolo amico e ti faccio assaggiare dal deretano la mia nuovissima gamba di legno!”. Argail si intromise tra i due, mentre Leah cercava di spiegare come avesse solo voluto essere gentile. Dovettero tutti evitare lo sputo che il Nano lasciò alle sue spalle prima di proseguire oltre. L’Elfo guardò disgustato il piccolo essere, che ora borbottava in nanico frasi poco rispettose verso gli Elfi curiosi e la loro progenie. Osservando quell’accozzaglia di malandati vagabondi che chiamavamo “Compagnia”, mi accorsi che dopotutto, per quanto li ritenessi inferiori, mi facevano ridere, ed erano i migliori compagni di viaggio che potessi desiderare.
Ci affacciammo al passaggio di pietra che dava sulla sala successiva. Era una sala rotonda, una decina di metri separavano il lato da cui eravamo arrivati dalla parete di fronte, in cui svettava un grande trono dorato, ora piuttosto malconcio. Alle pareti arazzi smangiati dal tempo, rappresentanti figure che non riconoscevo. Al centro, grottescamente illuminato da un filo di luce che calava dal piccolo foro nella volta di pietra, un gran quantitativo di ossa sporche, che dovevano essere lì da parecchio tempo.
“Maledettissimi Orchi! Questa è la fine che meritate!”
“Non solo Orchi Akitob - gli fece eco l’Elfo – ci sono anche Umani, Orchetti, Goblin, Ogre, un Troll e diverse razze d’animali…”
“Niente Nani però! Ah!”
“Forse perchè non arrivate ad arrampicarvi all’entrata… non ci sono nemmeno nobili Elfi comunque”
“Piantatela voi due, piuttosto datemi una mano a tenere questo monello” intervenne Leah, che in effetti grande e grosso com’era nella sua armatura lucente, stava facendo una gran fatica a tenere calmo Valiant, che cercava di divincolarsi e sembrava voler correre verso il trono, o le ossa forse.
“Tenete calmo il ragazzo, non è sicuro qui” il Nano si era ora accovacciato a terra e toccava le pietre del pavimento e del muro, come spesso l’avevamo visto fare in altre grotte, in altre avventure.
“Ah! Lo dicevo io! Laggiù, le vedete quelle pietre smosse e quella polverina sul pavimento? Quella è una porta segreta, per la barba di Bahamut! Ma c’è un meccanismo, proprio là davanti, pronto a scattare. Una bella trappola per stupidi Elfi, ve lo dice un Nano!”
In quel momento sentimmo il secondo sussurro.
Era decisamente più nitido del primo, e anche se sembrava vento che attraversava il sottile foro sopra le nostre teste, non un alito si era smosso e l’aria era immota e greve come prima.
Il Nano si era allontanato dall’ingresso e da noi nell’esplorazione della caverna, e quello che apparve assieme al sussurro, apparve a pochi passi da Akitob, chino ancora sulla roccia.
“Attento stolto!” gli gridò il Ranger. Una forma semitrasparente e biancastra, quello che una volta doveva essere stato un uomo ben vestito ed incoronato, un Re che sicuramente aveva seduto su quel trono consunto, comparve proprio sopra il cumulo di ossa. Era alto e terribile nell’espressione, e il gelo si fece nella stanza.
“Sono Gooose, al vostro servizio, nobile sovrano” provai. Avevo una certa dimestichezza con le creature del piano negativo, o almeno così pensavo.
Non mi degnò di uno sguardo. Fissava invece Leah e Valiant, con odio terribile.
“Andatevene immediatamente” fu quello che sentirono chiaramente i due, come ci avrebbero riferito più tardi, noi sentimmo solo una sorta di urlo nelle nostre teste, ma il messaggio era chiaro anche senza le parole.
Il fantasma non ci voleva nella sua dimora, e presto avremmo fatto compagnia al resto delle ossa se non ce ne fossimo andati.
Il Chierico estrasse uno dei suoi oggetti sacri e mormorando preghiere lo strinse tra le mani, guardando con occhi infuocati il Fantasma. Quello rideva e Argail capì di trovarsi di fronte ad una creatura oltre le sue possibilità.
Valiant scalpitava davvero adesso, ed era impossibile per Leah trattenerlo. Con uno strattone sfuggì dalla sua presa, correndo verso il Fantasma. Io e Argail fummo più veloci di lui. Io allungai il bastone per farlo inciampare, Argail gli si buttò sopra a peso morto. Scalciò parecchio colpendomi, quello stupido moccioso, ma la bastonata che stavo per sferrargli venne abilmente parata dal velocissimo Paladino, che mi guardò come si guarda un figlio che cerca di picchiare il suo fratello minore.
Nel frattempo Akitob aveva pensato di fare una cosa molto stupida e coraggiosa, da Akitob. Si era lanciato lungo il muro verso il trono e la porta segreta gridandoci di tenere occupato il Fantasma mentre lui si occupava della porta. Il Re gli si parò davanti colpendolo con mani fredde e invisibili e il Nano sembrò appesantirsi sulle gambe, gli si allungò la barba rossa e i capelli sotto l’elmo, le rughe sul viso duro si fecero più profonde. Era invecchiato. Lo colpì di rimando con l’ascia magica bipenne. A quel punto ci lanciammo tutti, meno il Chierico ancora alle prese col ragazzo, verso lo spettro.
Fu una battaglia strana. Al fianco di Leah e dell’Elfo, combattevo un essere che non ci infliggeva tagli, o ferite profonde o contusioni, ma ci faceva invecchiare inesorabilmente. Si accanì sull’Elfo all’inizio, forse perché era il più longevo tra noi. Invecchiò parecchio, e quasi non riconoscevo più la pelle d’argento che aveva ora assunto una sfumatura olivastra. Oltre al fantasma, mentre lanciavo le mie Piccole Meteore con scarso successo in sua direzione, vedevo Akitob, che ora appariva decisamente stanco, cercare di disattivare la trappola che aveva trovato. Aveva legato saldamente una corda al suo zaino, che ora roteava in aria con la corda in pugno, per lanciarlo con precisione davanti alla porta.
Quello che successe non lasciò indifferente neppure il Fantasma. Al tocco dello zaino una colonna di fuoco alta fino al soffitto bruciò istantaneamente zaino, corda, e parte delle barba di Akitob. Poco dopo il Nano, ancora un po’ scosso, si avvicinò calmo e aprì la porta, toccando il muro con mani sicure.
Il Fantasma si voltò urlando mentre appariva al Nano una piccola sala di pietra.
Valiant si divincolò definitivamente da Argail, e corse dentro alla sala.
Il poco vantaggio concessocii ci fece mettere a segno qualche buon attacco verso il Re, ma io guardavo oltre, dentro alla piccola nuova sala, dove vedevo il Nano maneggiare a casaccio quella che mi sembrava una piccola scatola in legno bianco, avorio forse… con delle intarsiature d’oro… una giara forse…
Avevo capito. Dovevo entrare immediatamente. Il fantasma non mi aveva ancora colpito, e decisi che fosse il caso che almeno un qualcuno rimanesse giovane in quella compagnia.
Di nuovo alzai il braccio sinistro verso la spalla destra, stavo estendendo il braccio destro ad indicare la piccola saletta. Le formule complesse stavano già fluendo sulle mie labbra. Ancora il tempo di un pensiero e avrei chiuso questa storia per sempre, giovane ancora, tra i miei vecchi compagni.
In quel momento, il Fantasma mi toccò.
Sentii le gambe tremarmi un poco quando ricomparvi dentro alla piccola sala, dopo il passaggio attraverso la Porta Dimensionale. La schiena mi si era fatta più curva, le braccia più deboli. Ero furioso con la mia stupidità e lentezza, mi ero fatto colpire!
Strappai la Giara dalle mani del Nano, che cercava di leggere caratteri a lui oscuri. L’intarsio in antiche rune inciso sui lati dell’oggetto che stringevo tra le mani ossute non era traducibile in parole umane. Parlava di prigionia, di legami e sacrifici indissolubili. Conoscevo quell’oggetto perché l’avevo studiato a lungo da ragazzo, e sognato a lungo. Avevo sognato il potere che poteva dare a chi lo possedeva. Ora che lo stringevo tra le mani, ero disgustato da esso, perché sapevo esattamente quello che ero costretto a fare.
Aprii la Giara.
Una fitta di dolore mi percorse il corpo, sentii caldo e poi freddo terrificanti, e vidi il mio sangue fluire da sotto le mie unghie, e riempire quegli intarsi nell’avorio.
Il Fantasma scomparve all’interno dell’oggetto magico che richiusi immediatamente, e il mio sangue smise di scorrere, facendosi cupo e duro, all’interno degli intagli. Il Re era intrappolato per sempre, o almeno fino a che lo avessi desiderato io.
Ancora più debole di prima, mi voltai per vedere Akitob osservare del Mithrill purissimo con occhi bramosi.
E poi Valiant avvicinarsi ad uno strano oggetto, una barra azzurra che giaceva per terra nella sala.
Tutto quello che vidi dopo fu luce, luce abbagliante e non naturale.
E squilli di trombe in lontananza.
martedì 17 novembre 2009
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Grande Ale! COmplimenti! Pregevole il tuo pezzo con il fantasma!
RispondiEliminaazzz...partitona...non mi ero accorto di avere uno zaino sulle spalle!
RispondiEliminama soprattutto...quanto vecchio sono???
e il mithrill l'ho intascato???
concentrati sul fatto che hai perso zaino e contenuto, una gamba di legno con germoglio e parecchi anni di vita (penso una cinquantina almeno...) invece di pensare al mithrill!
RispondiEliminaDavvero....perchè hai perso un bel pò di anni......
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